Il lungo dibattito sulla speranza di vita

11/04/2025 Previdenza obbligatoria

Analizziamo il meccanismo che regola il rapporto tra "età pensionabile e speranza di vita a 65 anni", ripercorrendo le principali evoluzioni normative e valutando gli effetti più recenti, inclusi quelli legati alla pandemia.

Dal “vivere più a lungo” al “rischio di longevità”

La crescita della speranza di vita è uno dei dati più significativi della società contemporanea. Tuttavia, mentre parlare di “aumento della speranza di vita” evoca un significato positivo, il concetto speculare di rischio di longevità introduce una prospettiva opposta: quella della sostenibilità economica dei sistemi di welfare e previdenza. Negli ultimi anni, ogni aggiornamento dell’ISTAT della Ragioneria Generale dello Stato sui dati demografici genera un vivace dibattito e, talvolta, preoccupazione. Questo perché tali dati costituiscono la base per l’adeguamento dei requisiti pensionistici legati proprio alla speranza di vita.

Le origini normative: dalla legge Dini alla riforma Fornero

Il primo riferimento esplicito alla speranza di vita in ambito previdenziale compare con la Legge Dini n. 335 del 1995, che introduce l’adeguamento dei coefficienti di trasformazione del sistema contributivo in base alle variazioni della longevità. Inizialmente l’aggiornamento era triennale e riguardava solo il calcolo dell’importo della pensione. Successivamente, la Legge n. 122/2010 (riforma Sacconi) estese il principio all’età pensionabile, prevedendo dal 2015 un aggiornamento quinquennale basato sull’incremento medio della speranza di vita a 65 anni. Con la riforma Fornero (D.L. 201/2011), il meccanismo divenne più stringente:

  • gli intervalli di aggiornamento furono ridotti a tre anni;
  • gli adeguamenti vennero estesi anche alle pensioni anticipate, riducendo progressivamente la distinzione tra vecchiaia e anzianità.

La disciplina attuale: aggiornamenti biennali e parametri uniformi

Oggi, la Legge n. 205/2017 stabilisce che i requisiti pensionistici vengano aggiornati ogni due anni, sulla base delle variazioni della speranza di vita a 65 anni calcolata dall’Istat. I dati demografici ufficiali vengono trasmessi dal Ministero del Lavoro e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che emanano i decreti di adeguamento. La normativa prevede inoltre che:

  • l’aggiornamento riguardi l’intera popolazione italiana, senza distinzione di genere;
  • eventuali decrementi della speranza di vita non comportino riduzioni dei requisiti, ma possano essere recuperati in seguito.

Tabella 1 – Età pensionabile, decorrenze ed elementi di calcolo (2013–2028)

Fonte: Aggiornamento dei parametri demografici sottostanti la normativa previdenziale (anni 2020-2021) – Istat

Gli aggiornamenti nel tempo: dalla prima applicazione ai giorni nostri

Il primo adeguamento della speranza di vita ai fini pensionistici risale al 2013, basato sulla variazione tra il 2007 e il 2010 (+5 mesi, di cui applicati 3). Da allora gli aggiornamenti hanno seguito una cadenza triennale e poi biennale, come previsto dalle riforme successive. Ecco i principali passaggi:

  • 2013: età pensionabile a 65 anni e 3 mesi;
  • 2016: incremento di 4 mesi (65 anni e 7 mesi);
  • 2018: 66 anni e 7 mesi (equiparazione tra generi e categorie);
  • 2019: +5 mesi → 67 anni;
  • 2021–2025: adeguamenti nulli per effetto del calo della speranza di vita durante e dopo la pandemia;
  • 2027 (previsione): possibile aumento di 3 mesi, con età pensionabile a 67 anni e 3 mesi.

È importante ricordare che, a partire dal D.L. 4/2019, l’adeguamento del requisito contributivo per la pensione anticipata è stato congelato fino al 31 dicembre 2026.

Grafico 1 – Speranza di vita a 65 anni (1980–2024)

Fonte: Tavole di mortalità della popolazione residente Istat

L’evoluzione della speranza di vita: tendenze e anomalie recenti

Secondo i dati Istat, dal 1980 al 2024 la speranza di vita a 65 anni è aumentata di circa sei anni, passando da 15,3 a 21,2. La crescita è stata quasi costante fino al 2015, salvo alcune flessioni dovute a variazioni nella mortalità della popolazione anziana. Il crollo del 2020, legato alla pandemia da Covid-19, ha segnato una riduzione di circa un anno rispetto all’anno precedente. Successivamente, il parametro è tornato su livelli pre-pandemici. Gli effetti della pandemia sono stati significativi anche sugli adeguamenti pensionistici: poiché la legge non consente riduzioni dell’età pensionabile, le variazioni negative (-3 mesi nel 2023 e -1 mese nel 2025) sono state di fatto neutralizzate, con requisiti rimasti invariati.

Il calcolo biennale e i limiti applicativi

Il meccanismo attuale prevede che:

  • gli adeguamenti vengano calcolati sulla differenza media tra bienni successivi;
  • non possano superare i tre mesi per ogni aggiornamento;
  • eventuali decrementi possano essere recuperati in futuri periodi positivi.

Applicando questo metodo, l’Istat stima per il 2027 un incremento complessivo di sette mesi, che, tenendo conto dei recuperi previsti per legge, si tradurrebbe in un adeguamento effettivo di tre mesi. Questo meccanismo, sebbene coerente con l’impianto previdenziale contributivo, risulta sensibile alle oscillazioni statistiche della speranza di vita e spesso politicamente impopolare, poiché comporta un innalzamento automatico dei requisiti di pensionamento.

Considerazioni finali: tra sostenibilità e percezione sociale

L’adeguamento della speranza di vita rappresenta oggi una cerniera cruciale tra sostenibilità del sistema e percezione sociale della previdenza. Se da un lato garantisce equilibrio finanziario, dall’altro rischia di amplificare le disuguaglianze tra categorie lavorative e generazioni con carriere discontinue o gravose. L’evoluzione demografica e gli shock esogeni – come la pandemia – hanno mostrato i limiti del modello rigido attuale, suggerendo la necessità di un approccio più flessibile, capace di combinare sostenibilità attuariale e sostenibilità sociale.

Grafico 2 – Speranza di vita a 65 anni

Registrati alla nostra area riservata per rimanere sempre aggiornato