Lavoro dopo la pensione: regole e limiti

10/06/2025 Previdenza obbligatoria

Dal 2009 è possibile lavorare anche dopo la pensione, ma restano limiti e incompatibilità in base al tipo di prestazione. Ecco cosa prevede la normativa.

Premessa normativa

Con il decreto-legge n. 112/2008, art. 19, è stato abolito il divieto generale di cumulo tra pensione e redditi da lavoro autonomo o dipendente. Dal 1° gennaio 2009, dunque, il pensionato può continuare a lavorare. Tuttavia, la normativa prevede specifiche eccezioni a seconda della tipologia di pensione percepita.

Pensionati e lavoro: i dati ISTAT 2023

Secondo l’indagine ISTAT “Pensione e partecipazione al mercato del lavoro” riferita al 2023, un pensionato su dieci ha svolto almeno un’attività lavorativa dopo il pensionamento. L’analisi, condotta sulla fascia di età 50-74 anni, evidenzia che l’età media al pensionamento si attesta a 60,9 anni. La distribuzione mostra due picchi significativi: 13,7% dei beneficiari si ritira a 60 anni, mentre l’11,8% lo fa a 67 anni, età coincidenti con le soglie storiche della pensione di vecchiaia. L’aumento dell’età media di uscita dal lavoro riflette gli effetti cumulativi delle riforme previdenziali succedutesi nel tempo, in particolare della Riforma Fornero (2012), che ha inasprito i requisiti anagrafici e contributivi per l’accesso alla pensione. L’incidenza di chi è andato in pensione prima dei 60 anni è passata da circa il 90% (ante 2009) a poco oltre il 10% nel 2023, con una riduzione più accentuata tra gli uomini. In media, le donne iniziano a percepire la pensione leggermente più tardi degli uomini (61,0 anni contro 60,8). L’età media sale ulteriormente nel Mezzogiorno (62,3 anni), tra gli stranieri (63,5) e tra i laureati (63,1) — un effetto riconducibile anche all’ingresso più tardivo nel mercato del lavoro da parte delle fasce più istruite. Il 71,8% dei pensionati ha smesso di lavorare al momento del pensionamento, mentre un ulteriore 17,4% non era più occupato già prima. Tuttavia, 712 mila persone, pari al 10,8% dei pensionati tra i 50 e i 74 anni, dichiarano di aver lavorato anche dopo aver iniziato a percepire la pensione. Nel dettaglio: il 9,4% ha lavorato nei primi sei mesi successivi alla decorrenza della pensione; il 6,6% ha proseguito lo stesso impiego già svolto prima; l’1,4% ha ripreso un’attività dopo sei mesi dal pensionamento. Oltre la metà dei pensionati che hanno continuato a lavorare lo hanno fatto per soddisfazione personale o per mantenere un ruolo attivo nella società. Solo il 29,7% dichiara motivazioni strettamente economiche, evidenziando come il lavoro post-pensionamento assuma sempre più una valenza sociale e identitaria, oltre che reddituale. La partecipazione al lavoro dopo il pensionamento si concentra prevalentemente tra le generazioni più giovani: 18,6% tra i 50-59 anni; 10% tra i 70-74 anni. Questo dato suggerisce una crescente flessibilità nella transizione tra lavoro e pensione, favorita da nuove formule di impiego e da una maggiore longevità professionale.

Cumulo tra pensione e redditi da lavoro

Come regola generale, il cumulo è oggi consentito ma con limitazioni variabili in base al tipo di prestazione che si percepisce.

Pensioni di vecchiaia e anticipate

I redditi da lavoro, autonomo o dipendente, sono interamente cumulabili con le pensioni di vecchiaia e pensioni anticipate liquidate con sistema retributivo o misto.

Pensioni nel sistema contributivo

Le pensioni calcolate interamente con il sistema contributivo sono cumulabili solo se ricorre almeno una delle seguenti condizioni:

  • Maturati 40 anni di contribuzione;
  • Compiuti 61 anni di età e 35 anni di contribuzione;
  • Compiuti 60 anni (donne) o 65 anni (uomini).

Incompatibilità: Quota 100, 102 e 103

Le pensioni “Quota 100” (dal 2019), “Quota 102” (2022) e “Quota 103” (2023-2025) non sono cumulabili con redditi da lavoro, salvo lavoro autonomo occasionale entro il limite di 5.000 euro annui. L’incumulabilità vale fino al raggiungimento dell’età per la pensione di vecchiaia. Se il pensionato percepisce redditi da lavoro nel periodo di divieto, la pensione è sospesa per l’anno di percezione e per i mesi antecedenti al compimento dell’età pensionabile ordinaria.

Assegno ordinario di invalidità e lavoro

L’assegno ordinario di invalidità (AOI) è compatibile con il lavoro dipendente o autonomo, poiché presuppone una riduzione della capacità lavorativa pari a due terzi. Tuttavia, se i redditi superano determinate soglie, l’assegno subisce riduzioni progressive.

Ulteriori riduzioni possono applicarsi se, dopo il taglio, l’assegno resta superiore al minimo Inps:

  • la quota eccedente è decurtata del 50%, entro il limite dei redditi da lavoro percepiti;
  • per i lavoratori autonomi, la riduzione è del 30%, non superiore al 30% del reddito prodotto.

Esempio operativo: un pensionato Inps ha un assegno di invalidità di 2.003 euro al mese e guadagna 600 euro al mese con redditi da lavoro dipendente, l'eccedenza della quota superiore al minimo Inps, cioè 1.400 euro (2003-603 euro) viene pagata solo per il 50%, ovvero per 700 euro. In totale la prestazione scenderà a 1.303 euro. La trattenuta comunque non può superare il reddito da lavoro percepito. Così la riduzione effettiva sarà pari a 600 euro al mese e il relativo importo dell'assegno scenderà a 1.403 euro al mese. Al compimento dell’età di vecchiaia, l’AOI viene trasformato in pensione di vecchiaia e le riduzioni cessano.

Pensione di inabilità e lavoro

La pensione di inabilità totale è incompatibile con qualsiasi forma di attività lavorativa - subordinata, autonoma o professionale - poiché la prestazione presuppone l’assoluta impossibilità a produrre reddito da lavoro.

Pensione ai superstiti e limiti di reddito

La pensione ai superstiti (reversibilità o indiretta) è soggetta a riduzioni percentuali in funzione dei redditi complessivi del beneficiario, salvo che la prestazione sia destinata a figli minori, studenti o inabili.

Conclusioni operative

Il quadro normativo attuale conferma la possibilità generale di lavorare dopo il pensionamento, ma introduce limitazioni rilevanti a seconda della tipologia di trattamento. Per una corretta gestione previdenziale, si raccomanda di:

  • verificare il regime di calcolo della pensione (retributivo, misto o contributivo);
  • valutare attentamente i limiti reddituali per prestazioni come AOI o Quota 103;
  • considerare le soglie di cumulabilità in fase di assunzione o rioccupazione del pensionato;
  • ricordare che le pensioni di inabilità non ammettono attività lavorativa.

L’attenzione ai limiti di compatibilità tra pensione e redditi da lavoro è oggi essenziale per evitare sospensioni, riduzioni o recuperi indebiti da parte degli enti previdenziali.

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